Completata la fabbrica del Duomo, si pose mano alla costruzione dell’altare dedicato al santo protettore della Città. Se ne aggiudicò la realizzazione il Municipio cittadino che come titolare del diritto di patronato appose il suo stemma. I lavori ebbero inizio nel 1671 mentre era sindaco Gioacchino Faccolli e terminarono nel 1674 con il sindaco Francesco Tafuro.

L’altare, opera di Giovanni Andrea Larducci da Salò e di Giuseppe Zimbalo, in cui marmi e scagliola si confondono nella stessa articolata macchina d’altare occupante l’intera parete di fondo della cappella, è suddiviso in due ordini.

Nell’ordine inferiore domina la pregiata tela di Giovanni Andrea Coppola, celebre medico, musico e pittore gallipolino, raffigurante S. Oronzo in abiti pontificali tra due angeli e sotto i suoi piedi l’idolo pagano distrutto, realizzata nel 1656. Da notare è lo stupendo effetto di profondità ottenuto ponendo il santo quasi affacciato da un portale da cui domina il paesaggio in cui prevale il cielo azzurro segnato da qualche nube, mentre la città si scorge in lontananza.

La tela è inserita in un’ampia cornice affiancata da due colonne intarsiate con motivi floreali, mentre ai lati, nelle nicchie ricavate tra due altre colonne più sottili per lato, si trovano le statue dei compatroni S. Giusto (a sinistra) e S. Fortunato (a destra).

Sotto si eleva la mensa frutto di un ammodernamento del 1780, quando per volontà del vescovo Sozj Carafa il marmoraro Innocenzo Cartolano, figlio di Pasquale ormai defunto, realizzò il paliotto ad urna, i gradini del postergale e la predella.

Sopra la cornice aggettante su cui si innalzano due piccole volute somiglianti a due riccioli ribelli, l’ordine superiore, che nelle strutture architettoniche ripete quello inferiore, oltre all’epigrafe centrale, presenta lateralmente le nicchie con le statue di S. Petronilla (a sinistra) e di S. Emiliana sorella di S. Oronzo (a destra). Chiude quest’ordine lo stemma civico (la lupa sotto il leccio) posto in mezzo a due angeli, mentre altri due angeli più grandi adagiati su un timpano a lunetta, inserito a sua volta tra un timpano interrotto, reggono la croce. Come si legge nella targa dorata sulla trabeazione al di sopra di una testina d’angelo, questo è un altare privilegiato ogni giorno in perpetuo, privilegio ottenuto con Breve di Pio VII in data 2 ottobre 1801.

Sopra la custodia eucaristica fino al 1955 si poteva vedere un’urna di legno con lastre di cristallo contenente il capo di S. Oronzo fatto di creta, poggiato su un cuscino di velluto rosso ricamato in oro e circondato da una ghirlanda di rose artificiali (oggi tale urna è custodita presso la Curia). Tale simulacro ricordava il martirio di S. Oronzo avvenuto per decapitazione in quanto cittadino romano. Sulla parete sinistra vi è un bel monumento di pietra leccese dorata con inciso il decreto del papa Innocenzo XII, che fu vescovo di Lecce dal 1671 al 1682 con il nome di Antonio Pignatelli, con cui concede l’indulgenza plenaria per la festa di S. Oronzo, mentre sulla parete destra vi è un altro monumento simile al precedente che i canonici Bernardino e Ignazio Belli fecero realizzare in onore del vescovo Pappacoda.

Nei giorni della festa dei santi patroni, che si dispiega in undici giorni di preparazione (undena) per culminare il 26 agosto, questa cappella viene allestita con drappi rossi per accogliere i busti in cartapesta ricoperti di foglia oro e argento di S. Giusto e di S. Fortunato e la statua argentea di S. Oronzo. Questa, modellata dal leccese Antonio Maccagnani, realizzata da Francesco Citarella e fusa a Napoli dall’argentiere Vincenzo Caruso, fu eseguita nel 1864 per voto fatto dalla città che al santo protettore aveva attribuito lo scampato pericolo dell’epidemia colerica degli anni 1836-1837. Pagata poco meno di 22.000 lire, è la versione in argento della statua in gesso del santo posta su quello che fu l’altare di S. Gaetano di Thiene a destra del braccio sinistro del transetto della Chiesa di S. Irene. Al di sotto della statua viene poi collocato un massiccio paliotto in argento promesso nel 1859 da Ferdinando II di Borbone, offerto nel 1887 da suo figlio e successore, ormai spodestato, Francesco II, che lo fece realizzare a Napoli dall’argentiere Luigi Magliuolo su disegni dell’architetto Francesco Gavaindon e raffigurante la richiesta di intercessione di S. Oronzo alla Vergine Assunta, titolare della Cattedrale. Impostato sotto un arco, l’altorilievo presenta sulla sinistra il santo in abiti pontificali, campato sulle nubi e accompagnato da un corteo celeste con gli emblemi del pontefice e le palme del martire, che, genuflesso e con la destra tesa, chiede la protezione di Maria, collocata a destra. La Vergine, decorata da una nube di serafini, manifesta l’accoglienza della preghiera con il braccio sinistro disteso sulla città di Lecce di cui si riconoscono, distesi in linea orizzontale, il Campanile della Cattedrale con la sua altezza vertiginosa, la Chiesa del Carmine con la sua cupola ed il suo campanile tronco, la Chiesa del Rosario e Porta Rudiae. Agli angoli sopra l’arco due belle figure angeliche portano le corone della vittoria, mentre i pilastrini laterali recano l’arme borbonica.