Varcate le soglie dell’ingresso principale, l’ampia volumetria dell’asse verticale intersecato a quello trasversale del transetto dà subito l’idea di una imponente croce latina.

La navata centrale è caratterizzata da dodici grandi pilastri, sulla cui faccia emergono belle paraste scanalate con capitello corinzio dorato, create per il voluto raccordo con la cornice perimetrale che sovrasta gli archi delle navate laterali. Altre paraste di dimensioni più ridotte continuano l’interrotto discorso anche al di sopra della cornice fino all’altra di coronamento. Cinque finestre per lato e la finestra prospettica, con le loro artistiche vetrate raffiguranti gli Apostoli e Davide che danza davanti all’Arca commissionate nel 1926 dal vescovo Gennaro Trama (1902-1927) e realizzate dalla ditta Abrate di Torino a spese del Cav. Giovanni Tizzoni, adornano la parte alta della navata.

Un grandissimo arco su pilastri portanti di solida fattura segna l’incrocio con il transetto. È ricco di dorature e alla sommità reca il busto di S. Oronzo con lo stemma dei vescovi Antonio (1671-1782), Michele (1682-1685) e Fabrizio (1696-1734) Pignatelli, i quali completarono la decorazione della Cattedrale, mentre sotto pende un grappolo di pietra leccese tutto dorato.

Il tetto a spiovente è coperto da un elegante soffitto a lacunari ottagoni e cruciformi intagliati e dorati, risalente al 1685. In esso sono incastonate tre preziose tele attribuite a Giuseppe da Brindisi, che raffigurano episodi significativi della vita di Sant’Oronzo: La predicazione (prima del transetto), La Protezione dalla peste (al centro) e Il martirio (verso l’organo).

Due pulpiti sul lato destro della navata ricordano le tonanti prediche di un tempo. Il più antico, voluto dal Pappacoda di cui si nota lo stemma, è quello sospeso tra i due pilastri nei pressi del transetto. Esso, dotato di baldacchino finemente lavorato, è pregevole per i suoi intagli e le sue dorature. L’altro, più grande e lineare, poggiante su quattro pilastri di legno, fu costruito a spese del vescovo Alfonso Sozj Carafa, al quale appartiene lo stemma sul fronte (inquartato: nel 1° e nel 4° d’oro all’orso rampante al naturale e nel 2° e nel 3° di rosso a tre fasce d’oro), per la cifra di 320 ducati. È coronato da un maestoso baldacchino con la colomba dello Spirito Santo. Fu completato il 17 febbraio 1763 ed il primo oratore che vi salì fu il canonico Carlo Giancane, che predicò la Quaresima di quell’anno.

Sempre da questo lato, sul pilastro all’incrocio tra la navata centrale ed il transetto arde perennemente una lampada per indicare il luogo dove secondo la tradizione sarebbe sepolto S. Oronzo.

Nella controfacciata, accanto al portone, si osservano il Busto bronzeo di Giovanni Paolo II (entrando a destra), opera di Leandro Ghinelli, inaugurato il 29 gennaio 1999 da Mons. Cosmo Francesco Ruppi in occasione del suo decennale servizio alla Chiesa di Lecce e il Sarcofago marmoreo del vescovo Gennaro Trama (entrando a sinistra), opera di Antonio Bortone, sormontato dal busto in bronzo. Sopra il tamburo della porta principale, dove un tempo si trovava la grandiosa tela del Trasporto dell’Arca Santa realizzata dal Tiso nel 1758 ora collocata nella parete di fondo della Chiesa di S. Irene, si eleva la cantoria costruita su disegno dell’ing. Carmelo Franco e sorretta da due svelte colonne eseguite dall’artista Ammassari, con l’imponente organo della ditta Inzoli di Crema, a sostituzione del precedente preso nel 1807 dalla Chiesa di Santa Croce. Esso fu inaugurato il 30 aprile del 1910 con l’esecuzione dell’oratorio Omaggio a Cristo Re alias Regi Saeculorum (composto ed eseguito per la prima volta a Bari nel 1904) del maestro di cappella Pietro Magri cui presero parte oltre duecento cantori di Lecce e diversi artisti di canto di Roma, mentre il primo organista del santuario di Loreto il M°. Ulisse Matthey eseguì vari pezzi musicali. Anche il M°. Lorenzo Perosi volle provare, nel 1926, il nostro organo, eseguendo sue varie composizioni. Oltre questo grande organo che costò  35.000 lire, la Cattedrale è dotata di un piccolo organo barocco mobile della ditta Anselmi Tamburini di Pianengo (Cr), donato nel 1989 all’arcivescovo Michele Mincuzzi dal Credito Popolare Salentino.

Il pavimento in marmo scaccato di bianco e nero fu realizzato nel 1904 da vari artisti napoletani diretti dal cav. Nasti su commissione di Mons. Gennaro Trama (1902-1927) di cui al centro si ammira lo stemma realizzato in graniglia (d’azzurro spaccato: nel 1° a tre stelle di sei raggi, nel 2° al leone rampante; alla fascia attraversante sulla partizione; il tutto d’oro).