Costruito nel 1692 da Giambattista Spinola con il fondo legato dallo zio il cardinale Giulio Spinola, l’altare è dedicato al santo protettore del Capitolo che già nella precedente Cattedrale gli aveva eretto un altare dorato dove nel 1611 era stata sistemata una tela del titolare dovuta al pennello del pittore leccese Antonio del Fiore.
Il quadro di S. Carlo in adorazione della croce campeggia ancora oggi, tra un’ampia cornice dorata, al centro dell’altare, valorizzato da una elaborata struttura architettonica e decorativa, in passato attribuita (al pari del successivo) a Cesare Penna, ma meglio attribuibile a Giuseppe Cino.
Una colonna tortile per lato con una fantasiosa combinazione di leoni, cani, volti umani (quali di giovani, quali di vecchi), angeli in groppa ad upupe inquadra sapientemente l’altare, ma già i piedistalli e i basamenti delle stesse, come quelli delle statue laterali, ne sono un preludio con le loro sculture a tutto tondo. Sui piedistalli teste d’angelo tra mille rabeschi, sui basamenti delle statue uccelli che beccano dei fiori, sui basamenti delle colonne angeli che danno da mangiare ad un uccello. Sotto il quadro angeli reggono festoni di frutta; sopra, due festoni con una testa d’angelo evidenziano lo scudetto con l’epigrafe. Altri angeli e fregi al sommo abbelliscono le paraste che fanno da sfondo alle statue laterali.
Queste raffigurano S. Irene vergine e martire (a sinistra) e S. Lucia vergine e martire (a destra). Da notare la raffigurazione della città sul palmo della mano di S. Irene, sua antica patrona, dove Lecce appare nella fisionomia di città “quadrata” cinta da mura con la porta di Carlo V in enfasi per la sua posizione centrale e il suo sovradimensionamento e raccolta attorno alle sue chiese con campanili.
Ancora due angeli che reggono la palma del martirio affiancano la tela di S. Carlo che riceve la corona da Gesù Bambino, mentre sull’esterno si vedono due lapidei vasi con fiori.
Infine, sul fastigio, tra due volute interrotte, vi è lo stemma dello Spinola (d’oro alla fascia scaccata di tre file d’argento e di rosso, accostata in campo da una spina di botte in palo di rosso).