Fu eretto per voto dell’abate Onofrio Manesi, nobile leccese e canonico della nostra Cattedrale, il quale, grato al santo vescovo di Le Mans (Francia) che lo aveva protetto dai fieri dolori delle coliche renali, nel 1676 dispose con testamento rogato per notaio Giovanni Tommaso Tangolo che il canonico Giuseppe Cutrino facesse dorare l’altare con il denaro ricavato dalla vendita della sua suppellettile e realizzasse un monumento che vediamo collocato nella parete sinistra della cappella.

L’altare, attribuito a Giuseppe Zimbalo, si compone di due ordini conclusi da due volute interrotte.

L’ordine inferiore è impostato su quattro pilastri decorati a motivi floreali su cui poggiano quattro basi con i simboli del martirio di S. Giovanni Battista. Le due basi esterne reggono poi i piedistalli su cui il Manesi fece collocare la statua di S. Clemente papa (a sinistra), in onore del papa Altieri che il 3 ottobre 1672 lo aveva eletto vescovo di Bisignano in Calabria e la statua di S. Onofrio (a destra), eremita del V secolo, di cui portava il nome. Sulle due basi interne poggiano invece le due colonne a fusto rotondo decorate con foglie e teste d’angelo in mezzo alle quali si apre una nicchia trapuntata di stelle dorate dove è accolta la grande ed austera statua policroma in pietra leccese di S. Giovanni Battista, proveniente dall’antica Cattedrale. Esso è rappresentato rivestito di pelo di cammello (il vestito dei profeti) e avvolto da un mantello rosso (segno del martirio) mentre punta il dito indice su un piccolo agnello indicante Cristo, “l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo” (Gv 1,29). Sulla nicchia, tra due volute interrotte, si eleva la statua di Gesù Bambino Pantocratore con il globo in mano.

Nell’ordine superiore, incassata tra le sculture lapidee di due angeli che reggono pastorale e mitra, il Manesi fece collocare la tela di S. Liborio.

L’altare in marmo, in evidente disarmonia con il contesto, fu costruito durante il 1884 insieme a quelli delle cappelle di S. Fortunato, di S. Andrea, di S. Carlo Borromeo e di S. Giusto. Questi altari furono consacrati contemporaneamente dal vescovo di Lecce Mons. Salvatore Luigi Zola (1877-1898) e da quattro altri presuli: Mons. Domenico Cocchia amministratore apostolico di Otranto, Mons. Enrico Carfagnini vescovo di Gallipoli, Mons. Giuseppe Ricciardi vescovo di Nardò, Mons. Gaetano Bacile vescovo titolare di Leuca.

La balaustra in marmo che chiude questa cappella (come anche quelle presso le cappelle della Sacra Famiglia, di S. Fortunato, di S. Giusto, di S. Carlo e di S. Andrea) proviene dalla Chiesa di S. Teresa che dopo la soppressione degli ordini religiosi nel 1807 (ivi risiedevano i Carmelitani Scalzi) cadde in abbandono e fu trasformata in deposito di tabacco fino a quando nel 1831 vi si stabilì l’Arciconfraternita del SS. Crocifisso e del Gonfalone, che provvide a restaurarla.